Mille e una notte (con brivido)

Roberto Beccantini3 dicembre 2022

Era alla millesima partita in carriera e nelle sfide secche di un Mondiale non aveva mai segnato. Leo Messi. Una palla rubacchiata a Otamendi e, dal cuore dell’area, un sinistro affilato come il bisturi che il chirurgo cala nella pancia del destino. Le lavagne e i Pep, per carità. L’assoluto, però, ha precedenza: sempre. Non basta? E chi se ne frega: non ti curar di lor, ma guarda e passa.

Argentina-Australia 2-1 è soprattutto lì, non solo lì. Perché al 97’ è stato Emiliano Martinez, il portiere, a inchiodare il tabellino buttandosi su Kuol. In precedenza, un autogol randagio di Enzo Fernandez su randellata di Goodwin aveva riaperto una gara che sembrava sepolta; e Behich, addirittura, aveva sfiorato un gol alla Messi, proprio così. Ha salvato Martinez. L’altro. Lisandro. Lo stopper. Quello che aveva sostituito il Papu.

I canguri erano sotto per il genio di Leo e l’arroganza di un portiere, Ryan, che si era messo a dribblare sull’uscio di casa. Disturbato da de Paul, uccellato da Alvarez. Complimenti. Non un’Argentina da applausi, a essere schietti. Grigia e sterile per un tempo, baciata dagli dei della costruzione dal basso, sempre umile – a volte fin troppo – sprecona in Lau-Toro, quando la Pulce gli ha spalancato la porta in almeno un paio di occasioni.

Un Papu in grisaglia aveva rimpiazzato Di Maria. Migliore in campo, Leo a parte, de Paul: sempre nel vivo, sempre a strappar palloni. Più i due Martinez. Scritto che la giostra delle staffette ha premiato Scaloni meno di Arnold, il risultato ribadisce che, se non chiudi le gare, sono cavoli tuoi; e che più in generale, sul piano tecnico, la base si è alzata e il tetto abbassato. Riguarda l’umanità, non Messi. Primo quarto, dunque, Olanda-Argentina. Nel 2014, ai rigori, vinse la selecciòn.

Dumfries e altri dieci

Roberto Beccantini3 dicembre 2022

Diario mondiale, tredicesima puntata. Louis Van Gaal lo ha capito. Con calma, ma lo ha capito: meglio essere «non-geni» comprensibili che geni incompresi. Anche per questo la sua Olanda – senza De Ligt e De Vrij – ha inaugurato gli ottavi liquidando gli Stati (molto) Uniti ma poco furbi. Non più il calcio totale dell’arancia meccanica: erano ben altri i giocatori, e tutti docenti di (e del) ruolo, Cruijff a parte (di più, tantissimo di più). Calcio parziale, oggi. Ordinato come le scolaresche disciplinate, la difesa (a tre) ben posizionata, le transizioni a lama di coltello. Prova ne sia l’azione, picassiana, che ha portato Dumfries all’assist per Depay. Poco prima, Pulisic aveva sprecato, complici le manone di Noppert, un’occasione che avrebbe potuto sabotare la trama.

Non che gli Usa non ci abbiano (ri)provato. La differenza? A Coverciano se la caverebbero così: i batavi, bravi anche senza palla; gli yankees, solo con la palla. Dettaglio che, spesso, mandava in fumo le volate di Dest e Robinson. Pareggio e raddoppio si sfioravano vezzosi fino a quando Dumfries, ancora lui, non offriva al «rimorchio» di turno, il veterano Blind, lo spazio e l’agio del raddoppio. Polli, gli americani: stessa spiaggia, stesso mare, stessa azione.

Il resto dell’ordalia filava mosso attorno ai tocchi di De Jong e alle vampate di Weah e soci, spente da Van Dijk e Aké con un sorso d’acqua. L’Olandesina alternava la canasta del torello alle cerbottane del contropiede. Con Dumfries in versione Nembo Kid: due assist, un salvataggio sulla linea e, dopo la rete quasi «involontaria» di Wright, un cambio, la zampata del 3-1, su servizio di un riconoscente Blind e tra sceriffi con le manette fra le nuvole. Trafelato, il Bartleby di servizio mi chiede se può interessare il possesso palla: Usa 58%, Olanda 42%. Preferisco di no.

Uscito Cristiano… Brasile in «riserva»

Roberto Beccantini2 dicembre 2022

Diario mondiale, dodicesima puntata. La «terza» è sempre un nido di vipere. La Francia, già qualificata e prima, perde con la Tunisia. La Spagna, idem, si arrende al Giappone ed elimina la Germania. Il Portogallo, vedi sopra, s’inchina alla Corea del Sud ed elimina l’Uruguay. Il Brasile, sazio, cede al Camerun. Tra ieri e oggi, fuori sei coppe del Mondo: le quattro dei tedeschi e le due della Celeste. Nessuna squadra a punteggio pieno. Questi gli ottavi: Olanda-Stati Uniti; Argentina-Australia; Inghilterra-Senegal; Francia-Polonia; Giappone-Croazia; Brasile-Corea del Sud; Portogallo-Svizzera.

** Corea del Sud-Portogallo 2-1. Lo scrivo esclusivamente a scopo divulgativo, non certo per accendere falò italici: il tecnico degli asiatici (privi di Kim, il napoletano ) è Paulo Bento, portoghese. Strano, fra i titolari c’è Cristiano. Assiste alla rete-lampo di Horta, se ne mangia un paio e, di schiena, offre la palla del pari a Kim Young-Gwon. Procede, la sfida, a cavallo di modici ribaltoni. Fanno torello, i lusitani, come lo fecero le furiette: tiri, zero. A un certo punto, esce proprio il marziano, scortato da un labiale che non è «we are the world, we are the children». Agli avversari non par vero: sarà pure vecchio e rinco, ma volete mettere la sua ombra con i ruttini di Leao e André Silva? Il fato e il fado si radunano attorno al minuto 91.
Leggi tutto l’articolo…